
L’Avana, 5 agosto 2023 ore 11:00
A causa della miserabile caduta nella buca di cui vi ho raccontato ieri, stamattina ho dovuto chiamare soccorso per disinfettarmi le ginocchia. Ok che ho più che altro lividi, ma c’è pure qualche taglietto e, viste le condizioni non proprio pulite del quartiere in cui è successo, meglio essere previdenti. Mia madre mi ha detto “vai in farmacia e comprati il disinfettante” ma non ha ben capito come funziona qui… Altro che farmacia, al massimo avrei dovuto ricorrere al mercato nero, visto che ieri il signore NoWomanNoCry, oltre ai santini di Che Guevara, mi ha proposto anche medicine sottobanco. Comunque Tiziano, il mio salvatore, arriva col disinfettante e mi solleva dal pensiero martellante che ha trasformato la mia notte in un incubo da film horror. Nel sogno mi svegliavo senza gambe e la finivo a mendicare nell’Havana Veja proprio come dei poveri disgraziati che ho tristemente visto ieri.
Ne approfittiamo per far colazione e, vista la mia richiesta di un croissant, mi porta in un albergo fighetto al confine col Centro Havana. Fighetto si fa per dire, visto che la cameriera, non solo ci nega il croissant, ma ci tratta anche come dei poveri sfigati e ci fa aspettare mezzora prima di portarci un succo di mango confezionato, un cappuccino imbevibile e due toast con formaggio che hanno già fatto il mio pranzo. Però siamo allietati dalla musica scoppiettante di un trio locale che ripercorre la storia della musica cubana, e non solo.
Inoltre un gruppo di ragazzi, che poi scopriamo essere promoter di una campagna di sensibilizzazione contro l’HIV, ci regala una manciata di preservativi e lubrificanti. L’idea che qui ti regalino condom a colazione è divertente, ci facciamo due risate e faccio qualche compera indispensabile per il soggiorno: caffè e birra.

L’Avana, 5 agosto 2023 ore 18:00
Visto che oggi mi rimane poco tempo ed è a due passi da casa, decido di visitare il Museo Nacional de Bellas Artes. Ad accompagnarmi nel breve percorso che mi separa da esso, sono dei ragazzi sui trampoli che mi piacerebbe seguire per capire dove siano diretti ma purtroppo non ho tempo e, a malincuore, li lascio andare per la loro, di certo spassosa, strada.

Ad accogliermi nel museo è un grande blattone antropomorfo con ali, antenne e il volto umano che, pur essendo parecchio inquietante, carezza quel mio gusto estetico che ha portato a censure e idiosincrasie verso questo blog. Peccato che sia una delle poche opere presenti che ricalcano questo gusto. Al secondo piano, infatti, trovo pitture classiche datate fine ‘800 / primo ventennio circa del ‘900 che, fra arte sacra, ritrattistica e di paesaggio, non fanno scattare grandi emozioni. L’unico interesse che destano in me è la loro indubbia capacità di raccontare la storia cubana segnata dal colonialismo spagnolo.
Passando al primo piano trovo, invece, due ale: la prima dedicata all’arte moderna e la seconda all’arte contemporanea. Nella prima individuo una molteplicità di stili, dall’espressionismo al cubismo, dal surrealismo alla pop art. Le sculture di questo periodo, come sempre, esercitano in me un certo fascino, ma non trovo nulla che mi colpisca particolarmente. Nella seconda, quella dedicata all’arte contemporanea, stessa sensazione: nulla che mi faccia battere particolarmente il cuore. Dopo un’attenta analisi psicologica sulla mia reazione, credo che ciò sia dovuto al fatto che non ci siano voci fuori dal coro. Il museo, infatti, è governativo e i riferimenti alla Rivoluzione sono dappertutto. Chi la pensa diversamente, qui, non ha voce in capitolo, la pluralità di opinioni ed espressioni artistiche non è contemplata per cui il rompere gli schemi, quell’attitudine a cui noi appartenenti a società democratiche siamo ormai abituati, non esiste. Ma è lì, a mio parere, che si manifesta la grande arte.
L’architettura del museo, invece, è straordinaria. La fotografo in mille salse, dal grande atrio interno, ma anche dalle sale interne che vi si affacciano. Noto che la fontana è vuota e mi viene in mente il problema attuale qui a L’Avana: manca l’acqua per le strade, e ciò significa, appunto, meno pulizia delle stesse e fontane a secco dappertutto. Tiziano mi ha detto che il governo sta cercando di risolvere velocemente perché ciò sta portando non pochi problemi alla città. Ma questo “velocemente” non credo significhi prima della mia partenza.
L’Avana, 5 agosto 2023 ore 21:00
Mi trovo sulla terrazza di Yarini, un locale consigliatomi da Michele, il solito amico di Cagliari che ha vissuto qui a lungo e conosce ogni angolo della città. Ho ordinato crocchette di aragosta e patate mediorientali come antipasto. In realtà sono talmente abbondanti che faranno la mia cena. Le crocchette di aragosta sono un po’ deludenti, mi riservo di assaggiare il prelibato crostaceo nella sua purezza originale nei prossimi giorni in una trattoria del Vedado che mi hanno consigliato. Per ora le crocchette di patate vincono a man bassa. Che è tutto dire.
Ciò che mi ha colpito, raggiungendo a piedi il locale, è stato un paradosso che mi riguarda. Avete presente una tizia con un vestitino da occidentale, scarpe e borsa dello stesso tipo, che cammina per le strade buie e disastrate di L’Avana di notte? Ecco, metteteci che incrocia una fila di gente che fa la fila nella “panederia” per la razione di pane giornaliero (Tiziano mi ha spiegato che il governo garantisce ai cittadini un tot di pane al giorno che viene calcolato in base ai componenti del nucleo familiare e che si ritira esibendo una tessera del razionamento che viene assegnata a ogni famiglia). Non pensate anche voi che ci sia qualcosa di strano, di non coerente, di paradossale in tutto questo? Io sì, lo penso. E soprattutto mi sento inadeguata, non lo sono loro, lo sono io qui come turista, a spendere i soldi che loro guadagneranno in un paio di mesi, mentre loro “elemosinano” il pane allo stato. Così, mentre cammino a testa alta cercando di deviare i loro sguardi e scansando le loro richieste, mi chiedo perché il mondo sia così ferocemente contradditorio. E non sono più sicura di stare dalla parte giusta.
“La crisi era violenta e si insinuava fin nell’angolino più recondito dell’anima di ciascuno. Fame e miseria sono come un iceberg, la parte più grande è quella nascosta. “Bisogna andare avanti a piccoli passi, compagno, senza perdere il controllo. Poco per volta entreremo anche noi a far parte di questo mondo complesso e dell’economia di mercato, ma senza abbandonare mai i nostri principi ecc.”. Ah cazzo, i mitici anni Novanta!”
Predo Juan Gutierrez
A seguire una piccola gallery (in ordine di citazione) delle opere del museo. Se desiderate maggiori informazioni su titoli, autori e date, contattatemi pure al mio rientro dal viaggio. Come d’abitudine, infatti, ho fotografato anche le didascalie.























































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