L’Avana, 10 agosto 2023 ore 10:00
Viaggiare scrivendo diari di viaggio giorno per giorno è molto stimolante perché la mattina, appena ti svegli, non hai idea di cosa potrai tirare fuori di interessante per chi li legge. Ciò ti porta alla ricerca di storie e idee, ti fa essere più attento e partecipe a tutto ciò che ti sta attorno. Ovviamente è impossibile farlo se si viaggia in compagnia, pena la perdita di amicizie o fidanzati che non sarebbero in grado di sopportare lunghe camminate sotto il sole cocente e interminabili sessioni di scrittura. Scrivere è, infatti, impegnativo e faticoso, però rimpiazza amici e fidanzati perché è, a tutti gli effetti, la mia compagnia. E, a differenza dei primi, non rompe i coglioni.
Non me ne vogliano soprattutto gli amici, perché i fidanzati sono generalmente più affini, ma li metterei alla prova oggi che devo andare ancora più lontano e ciò significa sfaldarsi di afa feroce, mangiare poco e a orari improbabili per risparmiare tempo e mettere alla prova il proprio fisico con lunghe camminate in stato di semi disidratazione. Non mi sento migliore perché io lo faccio e loro no, sono solo diversa. E, mentre la diversità è bella e stimolante in patria, in viaggio diventa fonte di astio e rancori che si protraggono nel tempo. Per questo, se dovete viaggiare in compagnia, vi consiglio persone con abitudini e interessi comuni.

L’ultimo quartiere da esplorare all’Avana è il Vedado. Il nome, come si può facilmente intuire, significa “vietato” perché, fino al XX secolo, era una collinetta in cui un presidio militare osservava l’orizzonte infestato di pirati e corsari. Più tardi il nome continuò ad avere senso ma cambiò il contesto perché la stessa collinetta venne infestata di ville eleganti appartenenti alla borghesia cubana e a ricchi statunitensi. L’accesso, in questo caso, era “vietato” alle classi più povere. Oggi è accessibile a tutti, anche se i più poveri non ci bazzicano per scarsità di intenti. Resta comunque il quartiere più moderno e fighetto, eminentemente turistico nella parte del Malecon, più residenziale all’interno. Troverò meno street art, è vero, ma ci sono dei luoghi simbolo della città e alcune curiosità che non posso tralasciare.

L’Avana, 10 agosto 2023 ore 11:20
Passo per il Centro Havana scegliendo una strada non ancora battuta e mi fermo a fotografare l’ennesimo cumulo di rifiuti quando vedo un ragazzo rovistarvi dentro. Una vecchietta mi vede e mi apostrofa con delle parole di cui capisco solo “Mierda”. Penso di aver fatto una cazzata, che ce l’abbia con me, e mi indico chiedendole “Yo?”. Lei mi fa cenno di no, e ripete “Cuba…”. Trovate la storia nel video a inizio articolo.

Mi sposto nel Malecom, in un tratto che non ho ancora percorso. Da qui è più facile raggiungere Calle 23, dove inizia il mio percorso di oggi.
Mentre cammino sul lungomare avanero, vedo alternarsi edifici in rovina, gente che bighellona per strada sotto gli stessi edifici e, all’improvviso, locali fighetti frequentati da turisti con la puzza sotto il naso. Mi fa strano, devo ammetterlo.

Poi incontro un pescatore che mi offre il pescato del giorno. Signore lei è davvero simpatico ma mi ha vista? Sono una turista italiana, peraltro sudata e imbranata, secondo lei mi metto a cucinare pesce all’Avana? Soprattutto dove lo trasporto, nella borsetta? Comunque mi sorride e mi offre gentilmente una foto.

Ogni 5 minuti sono costretta a fare delle pause all’ombra e ribatezzo la giornata “Alla ricerca dell’ombra perduta”. Lo dico a voce alta quando, ferma in un sottopassaggio, vedo un gruppetto di persone sotto una palma.

Non mi sento pazza a parlare da sola, lo faccio anche in patria talvolta. Mi diverto a chiacchierare con me stessa, molto più che con alcune persone in realtà. Almeno ho argomenti… e sparo cazzate che mi fanno ridere, è un giochino divertente.
La nuova tecnica di bere acqua in viaggio ha i suoi pro e i contro. È vero che evita la disidratazione ma provoca anche l’esigenza di urinare. Il solo problema è che qui non tutti i locali hanno questo servizio, solo quelli dedicati ai turisti, a quanto mi dicono. E solo se si consuma. E, siccome sono in una zona in cui questi scarseggiano, sono costretta a accelerare il passo mettendo a ulteriore dura prova le cellule sudoripare.

Il mio scetticismo viene piacevolmente deluso quando, a dispetto delle aspettative, scovo diversi murali sia lungo il Malecon, sia al confine fra il Centro Havana e il Vedado, che raggiungo verso le 12:45.

Sono affamata e assetata per cui mando un messaggio a Michele, il mio amico cagliaritano che mi manda la posizione di un ristorantino alla fine del Vedado, lungo il Malecon. Dista 2 km secondo Maps.me, l’app che dovete assolutamente installare quando viaggiate. Una volta scaricate le mappe della città di destinazione, vi consente la loro consultazione anche offline. Inoltre è particolarmente preciso, vi fa fissare dei punti e crea il percorso per voi. Molto utile, soprattutto qui che Internet è un’incognita.

Arrivata alla Rampa, che segna il confine col Vedado, mi fermo ad osservare la fila di macchine in un distributore. C’è un problema con la benzina a Cuba in questo periodo. Quando l’ho scelta come destinazione, e per questo ho deciso di non spostarmi dalla capitale, sapevo che non ce n’era proprio. Adesso la difficoltà sembrerebbe risolta ma dipende, da quello che mi dice Tiziano, dall’arrivo o meno di lentissime navi russe. Il Venezuela, che prima riforniva Cuba, ha infatti fatto un accordo con gli Usa, per cui Cuba è rimasta a secco. Sbrodata.

L’Avana, 10 agosto 2023 ore 14:00
Molto prima di partire, quando ancora cercavo di capire dove potessi alloggiare, mi ha chiamata una tizia cubana di una casa particulare che, quando ho affermato di essere una che cammina, mi ha preso in giro ridendo e dicendo: “Certo, ti fai tutto il Malecon in agosto”. Sinceramente un po’ ci sono rimasta male ma ci ho creduto. Di non poterlo fare, intendo…
Ebbene no, signora cubana piglia in culo, io il Malecon, TUTTO IL MALECON, me lo sono fatta sotto il sole di agosto. E anche ritorno. Se non ci crede, le mando il conto del Tablazo, il ristorantino di pesce alla fine del Vedado dove mi son fermata a recuperare forze e anima, dopo aver rischiato il collasso.

Mi fermo a lungo per riposare e aggiornare il diario, poi passo da Tiziano, alla Casa Flamboyan, dove col marito, che ancora non conoscevo, affitta delle camere con bagno. Una sorta di Bed and Breakfast molto carino in una zona certo più tranquilla rispetto all’Havana Veja dove sto io, però meno viva per quel che riguarda gli abitanti.

Qui non c’è la folla di gente per strada, non ci sono i taxi bici-carretto che ti sfiorano suonando per avvisarti che sono in procinto di schiacciarti, i visitatori mandano un whatsapp invece di sgolarsi per avvisarti di essere sotto casa, in generale la gente non urla, l’immondezza non trabocca, ci sono meno rigagnoli maleodoranti, sfrecciano meno macchine, camion e pulman del medioevo per cui c’è meno inquinamento e meno odori rivoltanti. Comunque c’era da aspettarselo visti i presupposti di cui sopra.

Non che io senta rumori nel mio appartamento, i cui vetri sono insonorizzati, ma non appena metto piede in strada, la baraonda è assicurata. Gli odori e le urla non mi mancano, ma la presenza della gente sì. Credo che un quartiere del genere sia preferibile per vivere in questa città, o per persone che desiderano la tranquillità in viaggio. Se invece devi andare alla ricerca di storie, come me, meglio il casino del vecchio quartiere o del Centro Havana. Anche di murali neanche l’ombra, e certo dove li fai? Sulle eleganti architetture in stile Art Decò alternate a grattacieli moderni? Comunque mi accontento di quelli trovati in Centro Havana.

Mi faccio offrire un caffè, ovviamente italiano, da Tiziano e Jesus, suo marito cubano, parlando di Italia e Cuba. La famiglia di Jesus, come tante altre, ha scelto di scappare in Florida per avere l’opportunità di evitare la fame e, soprattutto, di vivere in uno stato democratico.
Mi incuriosisco perché nella finestra di fronte, mi spiegano, in quel momento si sta svolgento un rito della santeria, che è una delle 4 religioni principali qui a Cuba. Si tratta di un misto della religione cattolica importata dai coloni spagnoli, e quella africana importata dagli schiavi africani importati, a loro volta, dai coloni spagnoli. Di indigeno non c’è nulla. Ah dimenticavo, gli indigeni sono stati sterminati dalle malattie importate dai coloni spagnoli o dai coloni spagnoli stessi. Insomma, tutta colpa di Cristoforo Colombo che ha sbagliato strada e ha determinato lo sterminio degli indigeni cubani invece che di quelli indiani.
Comunque il rituale è evidentemente lungo e non faccio in tempo a vedere l’arrivo del santone, mi fanno solo notare che il santo sta in una scatola di cartone perché non possono permettersi un altare vero.
Riprendo la strada di casa passando per la Plaza de la Revolución, uno dei luoghi simbolo di Cuba, dove si impongono solenni il memoriale di José Martì da una parte, e i volti giganti di Che Guevara e Camilo Cienfuegos dall’altra. L’enorme piazza, che misura 72,000 metri quadrati, ha acquisito rilevanza per lo svolgersi di raduni e comizi politici da parte di Fidel Castro e di altre importanti figure politiche del Partito. La piazza è troppo grande, dispersiva e desolata per potersi considerare bella, ma vi si respira inevitabilmente storia, la storia della Rivoluzione cubana.

L’Avana, 10 agosto 2023 ore 21:30
La giornata finisce con l’assaggio dell’aragosta alla termidoro. Buona ma un po’ pesante per il mio stomaco. Continuo a preferirla alla catalana. Il vino, invece, è incommentabile.

A seguire la solita gallery.










