Riflessioni fanta-cosmiche sull’esistenza
“Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre”
Mahatma Gandhi
Ok la prima parte è quasi banale, scontata, iconica, quasi commerciale. O almeno lo è da quando media di ogni tipo ci bombardano di vacuo citazionismo fine a se stesso. “Vivi come se dovessi morire domani“, tutti la proclamano, pochi la mettono in pratica. Tuttavia non è questo il fulcro del discorso, le recriminazioni sull’incoerenza del genere umano sono noia pur(ulent)a.
Piuttosto mi vorrei soffermare sulla seconda parte, e questo è il motivo che mi ha spinto a scrivere questa riflessione, parte che, a mio parere, vive nell’ombra della prima. “Impara come se dovessi vivere per sempre“, la maggior parte delle persone ricorda e cita solo la prima, forse si stanca troppo a leggere sì tante parole o più probabilmente stenta a comprendere il senso della seconda.
La prima inneggerebbe a una vita spensierata, mentre la seconda si “appesantisce” dando profondità all’essere umano e ribilanciando le due frasi che, a mio parere, devono essere lette e comprese nel complesso. Soprattutto sottolinea il valore conoscitivo da sempre indagato da filosofi e pensatori.
Credo che sia importante, e oggi più che mai, mettere in evidenza il senso della frase nella sua interezza: studia, impara e ragiona più che puoi, allo stesso tempo non aspettare e godi di ogni momento perché non sai quanto tempo ti rimane.
A differenza della visione giudaico-cristiana, infatti, questa concezione non si aspetta una vita ultraterrena ove proseguire la propria esistenza ed espiare i propri peccati.
Nessuna promessa, domani puoi morire, vivi (nel bene) adesso e nello stesso tempo impara e conosci più che puoi perché solo la consapevolezza ti può salvare.
Nella foto: “Sanmati” (2013) di Sayed Haider Raza, “SH Raza“, dalla serie “Gandhi in Raza“.
Che dire. Vivere a fondo al meglio che puoi, supera i tuoi limiti, spingi ti sempre avanti e fallo intensamente, senza sprechi. Semplice da dire, sicuramente difficile da fare per noi che viviamo nel culto che tutto è infinito, al massimo si trasforma, e anche lo sperpero del tempo è secondario al nostro benessere momentaneo.
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Dovremmo recuperare la concezione di finitezza dell’essere umano tipica della concezione degli antichi greci. La morte non è un male, né un passaggio verso un’altra vita, bensì uno strumento per superarsi e raggiungere la saggezza. Proprio questa secondo me può arginare i vizi del nostro tempo che tu stesso metti in evidenza. Questo post è stato scritto proprio per spronare le persone perché, ti dico la verità, sono molto preoccupata sulla pericolosa sottocultura che attanaglia il mondo d’oggi.
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