Appunti di viaggio

Grecia day-by-day – Santorini – Rovine di Akrotiri e Red Beach [Day 5]

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23 agosto 2014

Bus per Akrotiri, ore 13:30
Buongiorno Thera e buongiorno a tutti voi. Nonostante abbia un mostro dentro imprecante contro la tecnologia che stamattina mi ha impedito di caricare l’articolo di ieri, mi sento davvero bene. È come se una strana forza mi dirompesse dentro, la vita affluisse copiosa nelle vene e pompasse, pompasse e ancora pompasse. È il vulcano, un vulcano dentro che ha una gran voglia di eruttare e spinge e gorgoglia in attesa di farlo. È Thera che ha trasferito parte della sua forza nel mio corpo, forse ha letto il mio blog e vuole farmi sentire come ci si sente a esser vulcano. Io non ho niente in contrario, mi presto volentieri e mi lascio andare. La sua energia si trasforma in amore, amore per la vita, bellezza del viaggiare, libertà assoluta.
La musica tradizionale greca, che l’autista del bus e il suo assistente che fa i biglietti impongono ai passeggeri, fa da dolce contorno ai miei pensieri. Se prima di venire in Grecia pensavo che non potesse piacermi e la accostavo a un Gigi D’Alessio nostrano, adesso la trovo perfetta, si sposa perfettamente con questo stato d’animo e col modo di fare di questo popolo spensierato e accogliente. Mi sento un po’ come (e fra) loro e credo che lo percepiscano perché il loro atteggiamento nei miei confronti è cambiato, è più caldo. La cosa mi fa molto piacere, mi sento in pace col mondo.

Albergo, ore 18:40
Eccomi finalmente ad Akrotiri fra le rovine dell’antica città di Thera.

Come già anticipatovi nel mio studio su Santorini, a curare gli scavi di questo antico insediamento della civiltà minoica fu l’archeologo greco Spyridon Marinatos. In realtà la scoperta avvenne in una cava di pomice, di cui l’isola è largamente fornita, nel 1866. Poi però fu Marinatos a riprendere gli studi e ad appassionarsi talmente tanto all’argomento da decidere di trasferirsi a Santorini e di dedicare la vita (morte compresa) ai misteri di Thera. Sì, perché, a quanto pare, egli perse di vista carriera, amicizie e affetti per Thera e la sua morte, avvenuta nel 1974, ha risvolti politici assai torbidi visto che, per ragioni assolutamente di comodo legate alle sovvenzioni per i suoi scavi, egli appoggiò il governo dei Colonnelli. Morì in modo misterioso poco dopo la restaurazione della democrazia, il suo corpo fu deposto, senza cerimonie o funerale, nella via di Santorini dove stava lavorando e la sua morte insabbiata tanto che ancor oggi rimane un mistero. In poche parole si prese una scuffia, uscì di testa, diede di matto… Ditelo come volete ma il senso rimane quello.

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Ciò che contribuì maggiormente a questo suo abbandono della ragione fu certamente la sua teoria della localizzazione della mitica Atlantide proprio qui a Santorini. Non voglio ripetermi, trovate tutto nel famoso articolo, voglio solo farvi capire quanto per me sia emozionante trovarmi in quella che potrebbe esser stata la meravigliosa nonché misteriosa civiltà che Platone descrisse come comunità felice e in pace, un luogo magico dove regnavano amore e serenità.
Entro nelle rovine quindi con profondo rispetto e mi sorprendo nel trovarle completamente ricoperte da un tetto. Sapevo che Marinatos fece un sostegno in legno per preservarle dalle intemperie ma non credevo fosse così complesso e ben edificato.

Probabilmente dopo la sua morte il governo ha deciso di completare la sua opera per cui attualmente esiste un supporto coprente su tutta la superficie dell’antica città di Thera. Le rovine sono proprio come le ricordavo dalle immagini trovate sul web. Esse sono in buono stato e si possono osservare anche case quasi integre. Ciò è dovuto all’opera del vulcano che, nella famosa eruzione che circa 3.000 anni fa spazzò via tutto compresa la montagna che lo componeva, ricoprì di lava la città e ciò permise la sua conservazione.
Alcuni oggetti che sono stati distrutti dal calore della lava sono stati comunque ricostruiti tramite il calco lasciato sulla lava stessa.
Sono sovrappensiero e rifletto su questa civiltà minoica tanto avanti rispetto alle altre del tempo, tento di immaginare la composizione della città, delle case che, a quanto pare, possedevano degli impianti idraulici avanzati ed erano ciò che chiameremmo oggi delle villettine di lusso. Probabilmente Thera era una colonia minoica di Creta, un luogo di villeggiatura dove i benestanti passavano le loro vacanze o comunque un luogo dove il benessere regnava sovrano.
Sono assorta in questi pensieri quando, all’improvviso, sento una voce che si rivolge a me:
“Hi, are you alone?”
Ed è così che conosco Duni, un collega francese che, come me, fa le vacanze in solitaria. È un ragazzo molto simpatico e dai folti riccioli castani. Guadagna 1.000 punti in un colpo soprattutto quando mi dà della sudamericana trentenne. Iniziamo a parlare e a scambiare informazioni sui rispettivi viaggi, lui arriva da Naxos e Mikonos e mi racconta un po’ della differenza sostanziale fra le isole. Dice che Mikonos è un puttanaio inenarrabile, mentre a Naxos regna la più assoluta quiete.
Duni, che spero si scriva così ma si pronuncia con la u aperta similA (sapete quanto i francesi siano permalosi in questo senso vero?), mi chiede di proseguire il cammino insieme. Perché no? Gli dico in un inglese che sta decisamente migliorando. Duni è un viaggiatore solitario abituale e ci raccontiamo un po’ di noi e delle nostre avventure in questo senso. Decidiamo di andare insieme alla Spiaggia Rossa, la famosa Red Beach di Akrotiri. Per fortuna oggi, in un incredibile e raro eccesso di previdenza, ho messo il costume, per cui accolgo la sua proposta con entusiasmo. D’altronde la Spiaggia Rossa è uno dei luoghi di Santorini che chiunque venga nell’isola non può fare a meno di visitare.
Duni mi propone di fare la strada a piedi. In realtà un po’ la cosa mi terrorizza visto che sono le due del pomeriggio ma, se non sono schiattata ieri a Oia, non può succedermi niente. Inoltre la conversazione è interessante per cui il tragitto, che si rivela non poi così esageratamente lungo, sembra una passeggiata nonostante i 30 gradi all’ombra.
Arriviamo completamente sudati alla spiaggia e ci chiediamo come mai si chiami spiaggia rossa visto che intravediamo solo una piccola spiaggetta con delle rocce dietro una chiesetta tipica. Quest’ultima ha delle grandi croci bianche disegnate sul nero della collina ai cui piedi si erge.

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Poi capiamo che non è finita lì e che dobbiamo ancora scarpinare a lungo. Seguiamo dunque le altre persone lungo un sentiero che si arrampica sulla montagna e, all’improvviso, ci appare la Red Beach. Stavolta non ci sono dubbi, è proprio lei. Il fiato mi si spezza per l’immensa bellezza del panorama che ho di fronte, una grande montagna spezzata con una spiaggia sotto popolata di tantissime persone, ombrelloni, barche e via dicendo.

Prima di scendere alla spiaggia, decido di comprare della frutta da un ragazzo che ha una bancarella proprio nel sentiero e che mi vuole fregare facendomi pagare 4 euro per 2 mele e 2 pesche. In pratica un euro al pezzo. Baratto e quasi ci litigo, ma riesco a portarmi via il bottino per 2 euro, che sono comunque troppi.
Scendiamo finalmente nella spiaggia arrampicandoci in un sentiero scosceso. Duni mi fa posto nel suo asciugamano e mi presta la sua crema protettiva che, come al solito, ho dimenticato di portare con me. Intorno a noi una marea di persone tanto che abbiamo a disposizione forse un metro quadro di spazio, la sabbia è nera e il mare torbido. Non voglio fare la guastafeste ma io son sarda e le mie acque cristalline per cui non riesco a immaginare neanche lontanamente di potermi immergere. Per non parlare del fatto che ho sempre la terribile sensazione della presenza di Thera là sotto e, nonostante ci troviamo dalla parte opposta del cratere, questa sensazione vince comunque e mi impedisce di lasciarmi andare del tutto. Sto con Duni un’oretta in cui continuiamo a conversare piacevolmente, poi il dovere mi chiama e decido di tornare a Fira per risolvere la questione dell’articolo di ieri. Rimaniamo d’accordo per incontrarci la sera anche se la cosa è volutamente lasciata al caso soprattutto da parte mia. Non so come spiegarvelo ma sopraggiunge una sorta di sensazione di gelosia e possesso verso la mia solitudine, le persone incontrate durante un viaggio da soli sono segni del destino e tali devono restare, semplici compagni di un momento che doveva essere quello ma che non è detto abbia un continuo. Sarà lo stesso destino a decidere se ci rincontreremo e il destino non va forzato.
Faccio la strada al contrario da sola e non è più così corta, aspetto il bus che mi porterà a Fira con due giapponesi e dopo solo un’oretta mi trovo in città.
Stamattina ho adocchiato un locale molto carino in cui ho preso un espresso e fra i cui simboli esposti all’entrata ho notato quello del santo Wi-Fi.
Non rischio di tornare in albergo e di trovarmi nella stessa situazione di stamattina per cui mi fermo a prendere un caffè tipico greco e riesco a completare l’articolo di ieri e a pubblicarlo. Rimango delle ore e finisce che conosco il barman che è curioso di sapere dei diari di viaggio e mi invita per la sera visto che ci sarà una serata con dj e compagnia cantante.
Ora capisco perché nel negozietto di souvenir vendono la maglietta “Santorini fucks Ibiza”… Ma dove diavolo son finita? Nelle mie ricerche sull’isola non ho trovato nulla che mi facesse presagire questo casino, scusate il termine. Forse avrei dovuto espandere lo studio oltre gli aspetti storici e culturali ora che ci penso. Ma ormai sono in corsa, che faccio? Mi tiro indietro?

Ristorante di Fira, ore 23:20
Forse all’apparenza posso sembrare una tizia originale e variegata ma dovete sapere che sono abbastanza abitudinaria e ripetitiva. Ciò capita sia per quanto riguarda il cibo sia, soprattutto, per quanto riguarda i luoghi ove consumarlo. Per questo motivo oggi mi reco esattamente nello stesso identico ristorante di ieri dove vengo accolta da grandi sorrisi e questo già può bastarmi. Oggi è stata dura per quanto riguarda il lavoro sul blog. Il rallentamento di stamattina ha sballato la tabella di marcia e son dovuta rimanere a scrivere fino a tardi riuscendo a uscire per cena solo alle 22:30 circa. Tuttavia qui a Santorini questo non è un problema, i ristoranti ti danno da mangiare a qualsiasi ora e la cucina sembra non chiudere mai.
Credo di essermi meritata un premio per cui decido di mangiare come si suol dire “bene”. Ordino un polpo di scoglio, o almeno questa è la traduzione sul menù del ristorante. In realtà probabilmente si tratta di una piovra gigante tipo quella del film che ha obnubilato la tranquillità della mia infanzia visto che mi viene servito un solo tentacolo (oltremodo stopposo) con delle verdure grigliate.

Come secondo arriva una bella orata di mare fresca e saporita. Intanto il cameriere mi chiede di uscire con lui e il gioco di terrazze mi fa innamorare di uno sconosciuto nel ristorante più in basso. Odio ripetermi ma in quale razza di luogo diabolico mi ha portato il destino?

Stay Greeced!

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12 replies »

  1. La domanda nasce spontanea….cosa leggerò quando rientrerai alla vita di tutti i giorni visto che penso di essere diventata “diariodiviaggiodipendente dibrabs”?

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