Soggettività / oggettività del giudizio estetico.
Infanzia. Il ricordo degli odori e dei suoni della campagna, della spensieratezza gioiosa delle corse in bicicletta nelle strade polverose non ancora violate dall’asfalto, la sensazione di libertà dell’aria che scuote il viso rinfrescando i pensieri e rivelandone i segreti. Pedalare a lungo esplorando con la curiosità dei bambini e lasciandosi trascinare in luoghi ignoti col costante bisogno di possedere il mondo.
Il primo apprezzamento estetico di un’opera d’arte nasce dalla soggettività dell’individuo che la fruisce. Gli elementi che lo determinano sono diversi. Fra gli altri, il ricordo e il gusto estetico giocano un ruolo primario.
(1. Bicicletta-campagna-infanzia)
Pensieri in successione. Sono collegamenti automatici e inconsapevoli che, nel giro di un attimo, hanno ripescato dal passato una miriade di ricordi, sapori, odori, rumori e umori.
(2. Contrabbasso-contrasto)
Quasi contemporaneamente arriva il contrabbasso che sovrasta la scena con la sua folgorante bellezza. Scaturisce immediato il forte contrasto fra questa figura e la campagna.
(3. Tizio in bicicletta-pedalata)
Più a fondo ancora sopraggiunge il pedalare del tizio che sembra non essere preoccupato dall’enorme mole del suo strumento, anzi dà proprio idea di non curarsene affatto e di procedere giulivo verso la sua meta.
(4. Didascalia)
L’occhio passa alla didascalia: un suonatore di contrabbasso che va a suonare al festival di un paese in Serbia nell’ormai lontano 1965, quasi 50 anni fa. Chi ha scattato questa foto e perché?
(5. Riferimenti storici)
La foto è di Henri Cartier-Bresson, colui che viene considerato uno dei padri del fotogiornalismo, cofondatore, con Robert Capa e altri grandi, dell’illustre agenzia Magnum Photos. Lo stesso che, munito della sua Leica 35 mm con lente 50 mm, è andato alla ricerca delle abitudini, le tradizioni, le convenzioni, gli avvenimenti storici e i cambiamenti sociali di diverse culture. Ne ha raccontato le guerre, anche in prima persona vista la sua prigionia durante il nazismo.
Il tutto fissato in documenti fotografici che forniscono una lettura più veritiera (e cruda) della realtà storica.
(6. Riferimenti teorici)
Henri era un sostenitore del cosiddetto “momento decisivo“, l’attimo giusto, quello che coglie l’essenza e “fissa l’eternità in un istante“. Questo può la fotografia e qui sta la sua potenza.
Questo scatto è un esempio di questo momento, la posizione è ottimale per inquadrare il contrabbasso nella sua interezza, non è troppo lontano né troppo vicino, la distanza è perfetta e il fotografo è proprio lì, a immortalare il suo passaggio. Il soggetto è inoltre interessante perché racconta delle abitudini rurali della Serbia degli anni Sessanta.
Mettiamoci dentro anche il surrealismo che Henri abbracciava sia nella fotografia che nella pittura, sua disciplina preferita. In questa foto qualcosa di surreale c’è. Sembra più di trovarsi in un sogno o in una scena di Alice nel paese delle meraviglie, è alquanto singolare che il suonatore porti il grosso strumento in bicicletta aggirandosi per le campagne. Il contrasto viene sanato con la contestualizzazione geografica e storica del momento visto che in Serbia ci può stare eccome! Altro che a un festival, secondo me sta andando a suonare a un matrimonio di un film (a caso) di Kusturica che, fra l’altro, col surreale ha parecchio a che fare.
(7. Astrazione estetica)
A questo punto non resta che godere dell’immagine vera e propria che, grazie alle diverse informazioni, ha acquisito maggiore fascino. Ad esempio quale, se non spensieratezza e gioia, può essere lo stato d’animo del suonatore di contrabbasso? Egli sembra pedalare veloce ansioso di arrivare alla meta, abbracciare il suo amato strumento e farsi ammaliare dalle sue stesse note (mentre un velo da sposa ondeggia nell’aria).
Ebbene, la sensazione è contagiosa, questa è la classica foto positiva che infonde benessere.
Ed è proprio con questa sensazione che chiudo propinandovi un video, giusto per dare un po’ di importanza anche al povero contrabbasso che è la figura centrale della foto e me ne stavo quasi dimenticando. Buon ascolto!
Il fine di questa rubrica è quello di analizzare uno scatto da molteplici punti di vista. Essendo umana, e talvolta un po’ tarda, è possibile che qualcosa mi sia sfuggito. Ed è qui che entrate in gioco voi cari lettori. Avete qualcosa da aggiungere per completare il quadretto?
LINK UTILI:
Henri Cartier-Bresson su questo blog
Henri Cartier-Bresson – Wikipedia
Categories: Fotografia, FotoStorie, La foto del giorno, Progetti foto-narrativi, Scleri personali
Bello. Letto e riletto. Un invito a nozze. Non occorre che tu inserisca la call to action, per lo meno per me. Le tue riflessioni arrivano direttamente come si fosse seduti a prendere un caffè e il bisogno di esprimere il proprio punto di vista è immediato.
Dopo questa sbrodolata di apprezzamenti voglio dirti la mia prima impressione, la più forte, osservando la foto. L’instabilità. Il ciclo-contrabbassista sembra vacillare, perdere la linearità della traiettoria, vuoi per la strada sconnessa che per il peso dello strumento che lo costringe a correggere la sua pedalata. Ma c’è la semplicità di sfondo, una vita semplice fatta di poche cose: un contrabbasso e una bicicletta. Forse una vita dura, la sua.
Grazie Barbara ;-))
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Grazie a te Renato per aver lasciato il tuo contributo. In effetti la mia considerazione sulla pedalata è stata analizzata con pochi dettagli ma la spensieratezza da me percepita include anche la sensazione di bilico. Io l’ho immaginata quasi a zig-zag in segno di totale pienezza, non ho pensato in effetti al peso e all’ingombro dello strumento. In realtà non so neanche quanto pesi un contrabbasso!
E poi lo sfondo, certo lo sfondo… La tua interpretazione è perfetta e chiude il cerchio. Ero sicura di aver dimenticato qualcosa ;)
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