Fotografia

OperArt [work 454] – Fotografia – Martin Klimas (Germania)

Martin Klimas

Martin Klimas

Il fotografo Martin Klimas ha un talento per catturare le cose che accadono in un attimo. Recentemente ha realizzato la serie di vasi di fiori in frantumi, ora la sua attenzione si è rivolta verso le statuette di porcellana rotte…
Continua a leggere su mymodernmet.com

LINK UTILI:
Martin Klimas – Website
Martin Klimas – Wikipedia

12 replies »

  1. La capacità del fotografo in questo caso sta proprio nell’essere riuscito a rendere, attraverso l’istantaneità della foto, immutevole ciò che muta. Non si tratta di catturare solo quell’attimo, ma di rendere questo statico, in posa. Non credo sia un caso che i protragonisti di queste foto siano riproduzioni di combattenti marziali, espressione del più puro dei movimenti che si conclude nel più breve degli istanti. L’idea che il dinamico possa essere reso immobile, apre uno squarcio di riflessione che ci permette di chiederci “cosa sta stuccedendo?”, cosa che, nella velocità dell’azione, non avremmo tempo di fare.
    L’altra impressione è che i soggetti abbiano colpito e siano stati essi stessi colpiti, agenti attivi e passivi contemporaneamente. Un buon momento per ricordarci che quello che facciamo (o non facciamo) ha conseguenze non solo verso l’esterno (fuori di noi) ma anche verso l’interno (dentro il nostro corpo, il nostro animo, la nostra coscienza). Si tratta di un agire verso l’altro non è mai un agire fuori da sé, ma anche dentro di sé. L’altro può essere anche dentro di noi. E quando colpiamo, quando impattiamo verso qualcosa (qualcuno?) ci sono sempre delle conseguenze. Potremmo romperci, frantumarci. Senza accorgercene. Emerge un soggetto a pieno contatto con se stesso, una fragilità dell’ “io” che si spacca, e proprio per questo, a mio avviso, entra in pieno contatto con il mondo. Nei mille pezzi di noi che cadono a terra, doloranti, ci ricordiamo che noi siamo parte di essa. Siamo solo pezzi di cose unite e organizzate in un certo ordine. Il nostro ego spesso ci fa dimenticare (vergognare?) di quanto siamo, in realtà, fragili, ma anche per questo permeati di una certa bellezza. Proprio come la procellana.

    Like

    • Hai detto bene, e probabilmente non è troppo chiaro per chi guarda, non si tratta solo del momento in cui la statuetta si frantuma, quanto che le forme che lui è riuscito a ricreare sono il frutto di questa frantumazione. Son giorni che ci penso… Sarà andato completamente a caso? Quante prove avrà fatto prima di giungere a questo risultato? Aveva già le immagini finali fissate in testa?
      Ti ringrazio per aver condiviso le tue riflessioni, la questione del dinamico che si ferma e le applicazioni alla nostra vita spesso troppe veloce, fanno venir voglia di fermare quel momento per guardarsi dall’esterno e domandarsi, appunto, “cosa sta succedendo?”… Magari tutto il trambusto in cui siamo continuamente coinvolti, le trasformazioni veloci da cui siamo travolti, potrebbero acquisire un senso…
      Ciao Stefano :)

      Like

      • Le domande sono tante, e credo che sia giusto che superino sempre in numero le risposte… Posso però dirti questo: nelle arti marziali orientali (mi concedo di essere un po’ approssimativo, racchiudendole tutte in un grande calderone), tendenzialmente c’è uno grande spazio dedicato alla meditazione. In fondo, si tratta di uno stare fermi e immobili. A volte dicono proprio di “fermare i pensieri”. In altre parole, si cerca l’imperturbabilità nel movimento, che sembra una cosa strana a dirsi, ma è più o meno lo scopo che ci si prefigge di raggiungere. Spazio e tempo vengono ricondotti sotto il controllo della volontà. Questo, a pensarci, significa anche non lasciarsi travolgere dagli eventi. Forse in Occidente (ancora una volta, parlo in maniera generalissima) questo non avviene perché non fa parte del nostro bagaglio antropologico culturale. Trovo tuttavia interessante un altro accostamento, e stavolta vado a pescare una legge della fisica piuttosto banale: quella del moto rettilineo uniforme. Questa ci dice una cosa che sono contemporaneamente due: (1)un oggetto che si muove a velocità costante equivale ad (2) un oggetto che sta completamente immobile… A costo di apparire fuorviante dal tema che hai introdotto, filosoficamente è una prospettiva molto interessante: storicamente ci sono stati pensatori che si sono scannati sull’immobilità dell’essere (Parmenide, Platone, ad esempio) e il suo inarrestabile fluire (Eraclito).
        Queste foto mi ricordano che noi siamo entrambe le cose. Possiamo stare fermi e muoverci allo stesso tempo. Il nostro cuore batte, i nostri atomi si muovono, anche nella più totale dell’immobilità. Ciò che non si muove è morto, ma stare fermi non significa morire, ma soltanto non vivere, o cercare di vivere altro da quanto si è fatto fino ad ora. Qui si apre il nostro (mio…) motivo di riflessione in merito a queste foto.

        Fatto questo vaneggio, provo ora a rispondermi alle domande che poni:
        Sarà andato completamente a caso? Beh, chiediamoci allora: era destino che quei cocci prendessero quella direzione? Si poteva calcolare matematicamente, sulla base di una formula che tenesse conto del tipo di materiale, della forma, dell’altezza da cui è stato lanciato e avere una prospettiva di quanto sarebbe accaduto? Credo che in parte l’autore della foto sapesse cosa aspettarsi, ma il lato artistico sta anche nella totale sorpresa, nella riorganizzazione di quella materia una volta mutata, in questo caso, in quei pezzi coccio (ma sono soltanto pezzi di coccio? Io non credo…).
        Quante prove avrà fatto prima di ottenere questo risultato? Molte! Catturare pose così plastiche credo richieda non solo talento, ma anche molta, molta pazienza…
        Aveva già le immagini finali nella testa? Non penso, se non in grande approssimazione. Queste foto, mi permetto di asserire, le ha scattate proprio perché non sapeva quale era il risultato del suo lavoro, o così mi piace pensare: aveva una domanda e si è detto: “Vediamo cosa succede!” Sicuramente ora ha la risposta.

        Per cui, carissima Barbara, proviamo a metterci il cuore in pace: viviamo in un mondo che si muove, e il nostro corpo è movimento e nulla è fermo e tutto muta. Ma questo significa anche avere la possibilità di cambiare, si scoprire nuove forme, di conoscere cose nuove, ma anche di abbandonare una strada e poterla riprendere più avanti. Poi, per fortuna, ci sono persone come questo bravo fotografo, o altri pensatori e pensatrici, o persone come te che ci segnalano queste opere, che ci ricordano che abbiamo anche facoltà di fermarci un attimo e pensare, e chiederci: cosa sta succedendo?

        Like

      • Devo dire che sono sorpresa, non pensavo che questi scatti potessero innescare tali riflessioni. In realtà, forse a causa del mio veloce operare, non mi ero soffermata in riflessioni di questo tipo, incantata prima dalla curiosità (e dall’apprezzamento) dell’abilità e la creatività dell’artista. Ora che mi ci fai pensare, però, ciò che dici non fa una piega e l’esempio della legge del moto rettilineo uniforme è calzante. Ti ringrazio per aver condiviso le tue osservazioni e mi riservo di pensarci ancora :)

        Liked by 1 person

Leave a reply to Barbara Picci Cancel reply

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.