Con questo articolo voglio creare un antecedente, sappiatelo! Sì, perché è mia decisa intenzione di riuscire ad andare almeno una volta al Burning Man e, quando accadrà, non dovrò spiegarvi di cosa si tratta, sarete già belli innamorati del Festival e magari convincerò anche voi a farci un salto. In effetti l’espressione “farci un salto” è un po’ impropria visto che questo festival si svolge nel deserto del Nevada, ma, come sapete, almeno in questo blog, ho licenze poetiche a non finire.
Arriviamo al dunque partendo dall’inizio. Nel 1986 due ragazzi statunitensi di nome Larry Harvey e Jerry James, insieme a una trentina di persone, usavano festeggiare il solstizio d’estate bruciando un “uomo di legno” alto circa 3 metri sulla Baker Beach di San Francisco. Dopo 5 anni, e per motivi che purtroppo non conosco, questa loro abitudine è stata esportata nello stato del Nevada. È così che dal 1991 il grande pupazzo viene impiantato (e bruciato) proprio nel mezzo del Deserto Black Rock, in una zona che ogni anno vede ergersi la città di Black Rock City e la vede anche morire alla fine del Festival. Sì, avete capito bene, alla fine del Festival la città viene smantellata e non ne rimane un solo rifiuto vista l’attenzione verso il rispetto dell’ambiente degli organizzatori e di tutti i partecipanti al Festival. Il Burning Man è, in pratica, ciò che il filosofo Hakim Bey ha definito “Temporary Autonomous Zone“, luoghi dove per un certo periodo di tempo ci sono regole diverse da quelle che esistono altrove.
Queste regole sfiorano una sorta di anarchia: non si possono fare scambi in denaro ma solo baratto. Per il resto ognuno può fare più o meno ciò che vuole, soprattutto seguendo la propria vena artistica. Ci sono, però, anche delle regole di convivenza: ognuno deve essere autosufficiente (cibo, acqua e tutto quello che serve); le foto e i video non sono vietati, ma per farli serve un’autorizzazione (comunque non c’è praticamente connessione internet e il Burning Man ha i diritti su ogni ripresa o fotografia). Ci si sposta prevalentemente in bicicletta, le uniche automobili ammesse sono quelle che vengono modificate nei modi più disparati e vengono approvate da un apposito Dipartimento delle automobili mutanti. Chiunque riesca a ottenere un biglietto può organizzare mostre e installazioni, che può segnalare agli organizzatori o no. Nella città temporanea ci sono anche diversi negozi, dai bar ai ristoranti ai parrucchieri, che funzionano tutti con il sistema del baratto. Inoltre ci si può anche sposare legalmente!
Vi chiederete cosa spinga 80mila persone circa a pagare minimo 350 euro (fino a 1000 per i biglietti speciali) per partecipare a questo evento in un luogo polveroso e privo di attrattive come il deserto. Vi rispondo: le innumerevoli opere d’arte create sul posto (e non) dagli artisti, le mostre, la musica elettronica, la spensieratezza… Vi bastano?
Ufficialmente il festival è dedicato “alla comunità, all’arte, all’espressione personale e all’autosufficienza“. Alla base del festival ci sono 10 principi che comprendono l’auto-espressione radicale, la demercificazione, la partecipazione, la responsabilità civica, il non lasciare tracce nell’ambiente, etc.
Ogni anni esiste un tema, quello dell’edizione 2018 appena svoltasi (26 agosto – 3 settembre) è stato “I, Robot” e ha visto artisti e partecipanti esibirsi sul tema dei robot e delle nuove tecnologie.
L’organizzazione dell’evento parte dal momento in cui finisce un’edizione e finisce quando ha termine il festival, nel senso che ci vuole un intero anno per creare il network fra artisti, volontari, addetti ai lavori tutti e organizzatori. Penserete che un festival del genere sia disorganizzato e invece no: vengono costruire le strade e i luoghi comuni con nomi e spazi ben definiti. Insomma, c’è una macchina organizzativa che coinvolge persone da tutto il mondo. Se andate sul sito, infatti, vi accorgerete che esistono delle divisioni regionali in cui le persone fanno delle proposte e discutono su argomenti diversi riguardanti il festival. Io mi sono appena iscritta a quello italiano e spero di trovare altri appassionati con cui condividere opinioni e, perché no, magari organizzare il viaggio.
Ci sarebbero ancora tante cose da dire ma non voglio esagerare. Se, come spero, vi ho incuriosito, sarete voi stessi a cercare ulteriori informazioni. Vi lascio con una selezione di immagini dell’edizione 2018 e alcuni video. Buona visione!
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dici che ci si può anche sposare ma barattando il marito e/o moglie attuale!!!??? con ironia mi piace codesta cosa!! un saluto
r.
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Hahah non avevo pensato a questa eventualità. Posso chiedere info 😂
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vale anche per un mio conoscente musulmano? lui sostiene che, in somalia, ha tre (diconsi tre!) mogli, possibile barattarle tipo “scampoli”!! in realtà lui lo sostiene ma poco ci credo!!
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Ah ah ah :)
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E’ una cosa che piacerebbe anche a me vedere e fotografare, almeno una volta.
Fammi sapere come è andata la tua avventura poi, così ho delle basi su cui lavorare ;)
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Beh nel caso te ne accorgerai di certo ;)
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Ma che meraviglia. Lo conoscevo solo di nome…
… non solo ci sono molte installazioni che mi piacciono, mentre di solito non capita, ma adoro e trovo quasi un miracolo tutta questa imponente organizzazione. Non è mica uno scherzo costruire una città, che non sia solo un insieme di costruzioni ma pure un apparato amministrativo (so che forse gli ideatori non amerebbero questo termine…), e farlo non una volta per tutte ma ogni volta daccapo 😮
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Lascia perdere… da quando ho scoperto questa cosa meravigliosa mi riprometto di andarci prima o poi, solo che non è semplicissimo organizzarsi, a partire dal recupero dei biglietti fino all’organizzazione per stare lì… Tra l’altro mi sono iscritta alle liste dedicate ai burners, anche a quella italiana. Ci son tanti appassionati che organizzano incontri anche qui in Italia… Un mondo (meraviglioso!)
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