Luogo: Venezia >> Arsenale
Curatore: Ralph Rugoff
Artista: Ludovica Carbotta (Italia)
Titolo opera: Monowe (The Terminal Outpost), 2019
Dal 9 Maggio al 24 Novembre 2019
In un mondo abitato da un unico individuo, che funzione ha una torretta di guardia?
Questa è la domanda che immagino tutti si siano fatti passeggiando per l’Arsenale e imbattendosi nella torretta sbilenca di Ludovica Carbotta. Leggendo la didascalia, infatti, e scoprendo di questo mondo teorizzato, ipotizzato e immaginato dall’artista italiana, non ci si può non chiedere perché un uomo solitario possa mai aver necessità di controllare l’arrivo di qualcuno. Se la collettività è sparita, come mai sente ancora la necessità di perpetuare le norme convenzionali della società tradizionale?
Approfondendo la questione, ho scoperto che l’opera rappresenta solo un capitolo di “Monowe“, progetto su cui l’artista lavora dal 2016 servendosi, come sua consuetudine, di diverse discipline quali la scultura, il disegno, l’architettura e la scrittura. Il progetto, composto da diversi frammenti architettonici, si basa sull’isolamento del soggetto contemporaneo, che risulta scisso tra le due spinte opposte di socialità e isolamento, ricerca e difesa, esplorazione e nascondiglio. L’individuo si trova in un limbo insuperabile: da una parte ha paura di andarsene, dall’altra è troppo insicuro per partecipare alle dinamiche cittadine.
La situazione assurda creata nella città di Monowe, nelle intenzioni dell’artista, consente un’astrazione delle norme, regole e logiche date per scontate dalla società, che porta lo spettatore a riconsiderarle e capirne meglio il significato. Soprattutto in vista di un sempre più evidente isolamento dell’individuo causato dal suo stile di vita urbano sempre più individualista.
Il progetto è particolarmente interessante perché fonde diverse fonti di ispirazione, quali la letteratura fantascientifica e utopistica, l’architettura e la sociologia, per approdare a una riflessione profonda sulle contraddizioni dell’uomo contemporaneo.
Uno dei concetti ricorrenti nel lavoro di Ludovica Carbotta è la certezza che l’immaginazione sia un mezzo importante di costruzione del sapere. L’artista se ne serve per inserire luoghi reali in contesti di fantasia, e viceversa, chiamando questa esplorazione dello spazio urbano “fictional site specificity“. Ciò comporta il mettere in discussione ciò che è dato per scontato, capirlo e, speriamo, capovolgerlo. O comunque provarci.
Un approccio stimolante, sia artisticamente che intellettualmente, che mi porta a condividere la scelta del lavoro dell’artista, da parte del curatore Ralph Rugoff, nel contesto di “May you live in interesting times“.
Come per tutti gli altri artisti, son due le opere portate alla Biennale dall’artista. Purtroppo non ho avuto modo di vedere The Powder Room l’ultimo frammento di Monowe esposto a Forte Marghera, all’interno dell’edificio chiamato Ex Polveriera austriaca. In un luogo deputato alla protezione dell’ambiente esterno dal proprio contenuto esplosivo, l’artista ha realizzato delle installazioni scultoree in tecnica mista su porzioni di scaffalature da magazzino. All’Arsenale, quindi, la sua torretta è focalizzata sui bisogni sociali di controllo e protezione, a Forte Marghera il progetto costruisce invece un luogo della mente che va a toccare un ambito più specificatamente psicologico.
Se desiderate sapere di più sul progetto Monowe, vi consiglio la mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino visitabile fino al 29 settembre 2019. Per la prima volta, infatti, un’esposizione raccoglie tutti i frammenti architettonici facenti parte di Monowe finora esposti.
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