Luogo: Venezia >> Giardini della Biennale / Arsenale
Curatore: Ralph Rugoff
Titolo opere: Muro Ciudad Juarez (2010) / Búsqueda (2014)
Artista: Teresa Margolles (Messico)
Dal 9 Maggio al 24 Novembre 2019
Certo tutto ti aspetteresti ma non di trovare un muro vero, demolito nel suo luogo di origine e ricostruito in una grande sala dei Giardini della Biennale. Eppure, dopo aver conosciuto le ragioni che hanno spinto l’artista messicana Teresa Margolles a portarlo a Venezia (e non solo), non puoi non capirne il senso e apprezzare il suo gesto. Nonostante sia formalmente semplice e minimalista, infatti, l’opera racchiude in sé un grande valore emotivo.
In realtà il fatto che non sia un muro come tanti è facilmente intuibile sia dal filo spinato, sia dalla superficie forata dalle pallottole. Pallottole che nel 2009 hanno colpito e ucciso quattro giovani, tra i 15 e i 25 anni, a Ciudad Juárez, città messicana nel confine con gli Stati Uniti. È proprio in questa città che l’artista ha prelevato il muro, ma questo non è il solo evento tragico di cui è stato protagonista.
L’artista porta infatti a Venezia tutte le storie di violenza avvenute nella città di confine, dove i narcotrafficanti son soliti uccidere e far sparire persone. Con più di 3.000 assassini in un anno, più di 700 donne catturate, torturate e uccise, Juárez viene infatti considerata una delle città più pericolose al mondo.
Quel muro non è dunque solo un muro ma testimonia il dolore provocato dalle immani proporzioni del crimine organizzato nella società messicana, ogni buco è una ferita che fa riflettere sul terrore seminato dai narcotrafficanti.
Nello specifico l’artista, che ha studiato medicina forense ed è tra i fondatori del collettivo artistico SEMEFO di ispirazione death metal, esamina il problema dal punto di vista delle donne, denunciando il femminicidio, la negligenza governativa e il costo socio-economico della criminalizzazione delle droghe. All’Arsenale la sua installazione dal titolo “Búsqueda” (2014), mostra, in una struttura realizzata con vetri recuperati nella stessa città, i manifesti con i volti delle donne scomparse.
Al di là del contesto in cui sono nate queste opere, la riflessione si spinge oltre facendo emergere i meccanismi universali che portano alla rimozione e ai tabù nei confronti della morte e della violenza.
Qui non c’è nessun tabù e nessun velo che nascondano ciò che succede in quella città. Quel muro è violenza. Quelle donne sono state rapite, violentate e uccise. Punto.
L’invito è quello di denunciare, di non far finta di nulla. In Messico come ovunque.
Teresa Margolles ha ricevuto la menzione speciale per queste opere e, durante la cerimonia di premiazione, ha dedicato il riconoscimento a tutte le donne assassinate.
A seguire le immagini.
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