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Mostre – Shepard Fairey @ Palazzo Ducale, Genova

Shepard Fairey @ Palazzo Ducale, Genova

Shepard Fairey @ Palazzo Ducale, Genova

Dove: Palazzo Ducale >> Genova
Artista: Shepard Fairey aka Obey Giant
Titolo: Obey fidelity. The art of Shepard Fairey
Curatore: Stefano Antonelli e Gianluca Marziani
Dal 4 luglio al 1 novembre 2020

Comunicato stampa:
Fate arte al posto della guerra. Fate l’amore al posto della guerra.
Celebrate la Bellezza al posto della violenza. Denigrate il Male con alti dosaggi di consapevolezza morale

Obey

Shepard Fairey, nome in codice Obey
Palazzo Ducale presenta la mostra dedicata a uno degli street artist più noti degli ultimi decenni, Shepard Fairey, nome in codice OBEY. La sua fama mondiale è legata al manifesto Hope, il ritratto di Barak Obama stilizzato in quadricromia, divenuto una vera e propria icona durante la campagna elettorale per le presidenziali degli Stati Uniti nel 2008.

La visita alla mostra
La visita alla mostra segue i protocolli di sicurezza anti Covid-19 che prevedono il rispetto della distanza interpersonale tra i visitatori, opportunamente segnalata in verde all’interno del percorso espositivo. Per ragioni di sicurezza l’accesso alla mostra è consentito a un numero di massimo 60 visitatori all’ora. È obbligatorio l’utilizzo della mascherina e la misurazione della temperatura all’ingresso della mostra.

Come acquistare il biglietto
Biglietto intero 8€ – ridotto 6€
bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni 3€
giovani fino a 27 anni compiuti ogni venerdì dalle ore 14 5€
È possibile acquistare il biglietto online sul sito http://www.vivaticket.it oppure presso la Biglietteria di Palazzo Ducale, che chiude sempre un’ora prima della mostra.
Per i possessori del biglietto della mostra 5 minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee, ingresso ridotto

Un viaggio nella notte metropolitana
Il percorso espositivo si propone come un viaggio visivo che incrocia quattro punti salienti nella poetica dell’artista: Donna, Ambiente, Pace, Cultura, ricreando un’ideale passeggiata nella notte metropolitana.
Le opere in mostra sono parti organiche della stessa famiglia, una conversazione urbana tra messaggi militanti, visioni pacifiste, passioni solidali. Il lavoro di Obey stimola riflessioni sui temi umanitari, sui passaggi esistenziali, sulle utopie sociali, sui valori di giustizia al di sopra delle leggi.
Spiega il curatore Gianluca Marziani: «Il suo messaggio pacifista ed ecologista ci rende piccoli “soldati” di una nuova militanza, fatta di spazi etici del confronto, di nuovi modelli del vivere, di azioni sane e consapevoli».

Uno stile inimitabile
L’universo di Obey è un universo cartaceo, basato sulle grafiche sovietiche e futuriste di inizio Novecento, sulle pitture parietali latinoamericane e sui muralismi italiani alla Mario Sironi. Obey crea immagini urlanti, semplificate nella palette cromatica, facendo attenzione all’equilibrio di pesi tra testo e immagine. Aggiunge il curatore Stefano Antonelli: «I formati tendono al gigantismo quando il contesto prescelto è la strada, diminuiscono nel caso di oggetti funzionali al progetto (cover di album, skateboard, poster e oggetti…), in entrambi i casi Obey traduce nel presente i vecchi stilemi della propaganda muralista. Crea stampe cartacee bollenti, sembra di sentire l’urlo catartico di Angela Davis o la speranza democratica di Barack Obama, con le loro silhouette che catturano le giuste frequenze e si prendono il palcoscenico mediatico del nuovo millennio».

Hope
Tra le opere in mostra alcune immagini iconiche, come Hope in cui Obey raffigurò nel 2008 il futuro Presidente degli Stati Uniti. In questo caso non si trattò di una committenza, ma di un sostegno spontaneo alla figura politica di Barak Obama. Lo stesso Obama apprezzò molto l’opera, tanto che una volta eletto decise di scrivere all’artista «Ho il privilegio di essere parte della tua opera d’arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno»
Il ritratto Hope divenne talmente famoso da entrare a far parte della collezione permanente della National Gallery di Washington e fu giudicato dal critico d’arte del New Yorker, Peter Schjeldah, come «la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam».

Bellezza e Politica
Obey produce immaginari simbolici ad alto valore emozionale, e li pone alla portata di tutti, sulle pareti stradali e sui muri metropolitani. È un artista politico, che affronta temi scottanti con simboli e intelligenza visiva, con l’impatto rapido di un messaggio in cui riconoscersi senza confondersi.
In mostra serigrafie e litografie provenienti da collezioni private a sfondo politico e sociale, come We the people – defend dignity una grafica politica in risposta diretta al sentimento xenofobo, razzista e anti-immigrati promosso dall’attuale amministrazione statunitense, che fa parte di una serie di 3 ritratti per la campagna We the People pubblicata da Amplifier Art il 21 gennaio 2017, in concomitanza con la Marcia delle Donne, la più grande protesta di un solo giorno nella storia degli Stati Uniti. E la più recente Angel of Hope and Strength dove un’infermiera con ali celestiali e una fiaccola in mano, evoca gli eroi che hanno combattuto l’epidemia di covid-19. L’opera, realizzata nel maggio 2020, è finalizzata alla stampa su magliette la cui vendita andrà a sostenere le attività della Croce Rossa Italiana.

Infine attualissima Angela Davis, figura fondamentale per il movimento afroamericano degli anni Settanta, divenuta uno dei soggetti preferiti di Obey e scelta come immagine-guida della mostra. Accusata di cospirazione, rapimento e omicidio in relazione al fallito tentativo di un gruppo di attivisti delle Black Panthers di liberare il detenuto nero George Jackson in un’aula di tribunale, Angela Davis fu arrestata e processata, diventando così popolare da mobilitare a suo favore un gran numero di persone che si riunirono in comitati e organizzazioni, non solo negli Stati Uniti ma anche in molti altri paesi. Obey la ritrasse più volte, una di queste immagini è in mostra, contribuendo a creare il mito di donna afroamericana, simbolo sia del femminismo che dell’uguaglianza razziale.

La mostra è a cura di Stefano Antonelli e Gianluca Marziani, prodotta e organizzata da MetaMorfosi in collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con il sostegno della Camera di Commercio di Genova, promossa da Comune di Genova e Regione Liguria.

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