“Dai perché quest’anno non ti vivi Sant’Arega con noi? Puoi stare anche a dormire: o a casa o nel camper…”. Nel camper? In quel momento si sono messe in moto velocissimamente le idee, un film dalla torbida sceneggiatura mi è passato davanti e la classica lampadina si è illuminata. “Ma stai scherzando? Accetto immediatamente, ma ovviamente starò in camper..” In quel film un’attrice che mi somigliava tantissimo faceva la parte dell’antropologa ed andava ad accamparsi nel mezzo di una giungla, io avrei seguito quello stesso spirito d’avventura, qui e là per Sant’Arega, che poi un po’ di giungla si trova anche lì, o finisci per farla tu…
Per questo motivo, e solo per questo, ho deciso di infiltrarmi, di mescolarmi con l’organizzazione decimese della festa. Cosa che mi è riuscita abbastanza facilmente perché ho la fortuna di conoscere molte persone del luogo e ogni anno mi ci mescolo, soggiogata dalle forti fragranze degli irresistibili arrosti e dal loro spirito festoso contagioso.
Munita di zainetto verso le 10 piem mi reco alla mia postazione. Insieme a me l’amica di sventura, inseparabile compagna di indimenticabili imprese (se abbiamo superato questa…). Lasciamo tutto nel camper, non ce l’hanno preparato, forse pensavano che alla fine avremmo desistito, che avremmo dormito in casa. Ed invece no, camper avete detto, e camper sia… E poi un’infiltrata è un’infiltrata, mi vedo già scivolare via come un’ombra fra gli angoli bui di un film di spionaggio… Poi apro gli occhi e mi ritrovo a Decimo, mentre mi dileguo nella nebbia degli arrosti, alla ricerca del maialetto perduto. Quest’anno gli arrostitori sono spostati, perché parte delle locande è stata trasferita sulle strutture in legno.
Comunque ci sono delle cose che, da tradizione, se vado a Santa Greca devo fare… Cercherò di elencarle con la mia improbabile capacità di sintesi:
La “trattalia”!
Passi che posso resistere al maialetto, anche alla salsiccia o alle altre carni, posso anche non cedere alle anguille tutte attorcigliate in quegli spiedi ridenti,a quelle seppie che mi strizzano l’occhio urlandomi “Mangiami”…
A tutto posso resistere, anche allo zucchero filato, ma non alla trattalia. Almeno un pezzetto me lo devo fare. Per questo motivo ci fermiamo a caso e, neanche a farlo apposta, becchiamo una famiglia di Decimo. Giuro che non li conoscevo, nessun conflitto di interessi. Il signore mi prende in simpatia e mi coccola, mi regala altre cosine: un paio di “longusu” e un pezzo di fegato. Ma non è finita qui, perché compaiono delle birre e la testa di maialetto, col cervellino come premio e noi che ci accaniamo sopra come bestie che non vedono cibo da mesi. Dopo una dura battaglia, finita in parità, ci dirigiamo verso l’altra attrazione imperdibile della festa…
I temibili giochi…
Si, proprio loro, le giostre… quelle che, quando ero bambina, rappresentavano uno dei piaceri più proibiti. A partire dagli intramontabili autoscontri, dove cuccavi sempre col belloccio del paese, soprattutto se gli facevi un frontale da cappottamento (e se ne usciva vivo). Poi i dischi volanti, con la variante del su e giù e sballottamento feroce. E, per finire, attenzione… La barca da paura che ti mette a testa in giù… Si, vabbè…
Se ripenso alla giovinezza, al Tagadà e a quanto ho angosciato i miei per quei giochi… Oggi purtroppo mi ci vorrebbe un bungee jumping con un lenzuolo annodato sulle cascate del Niagara per sentire lo stesso brivido.
Dopo aver dilapidato mezza pensione, ce ne andiamo ancora adrenalinici, scossi, tesi e ci dedichiamo, con leggerezza, all’altra componente importante della festa…
La movida decimese…
Di bar in bar, di amico in amico, ci addentriamo nel cuore vero della festa: quello delle persone che la vivono, che ci lavorano, che considerano questo evento come un irrinunciabile appuntamento annuale. Alcuni di loro prendono ferie a lavoro. Per una settimana il lavoro non esiste, c’è la festa. C’è chi è impegnato nei parcheggi, chi nei bar, chi in diverse altre occupazioni, però son tutti lì disponibili per contribuire alla buona riuscita dell’evento. Vado al baretto dei miei amici, come ogni anno sono esposte le tele, una parete intera, coi colori e chiunque voglia disegnarci può farlo. I disegni, nei tre giorni, cambiano forma e colori. A volte affrontano anche la pioggia, ma poi il martedì, durante lo spettacolo a tema che viene organizzato ogni anno, vengono estratti dalla
composizione intera e venduti in beneficenza pezzo per pezzo.
Non uso pennelli, ci metto le dita e lascio la mia impronta sulla tela. Domani verrà coperta, ma chi se ne importa? D’altronde non avrebbe lo stesso valore e fascino se non fosse così volubile e traditrice…
Ci spostiamo dagli altri amici, Memole from Barcelona mette musica… Ogni anno, se può, torna a Decimo per la festa, tornano un po’ tutti in realtà, chiedono ferie, permessi o malattia e fanno ritorno al loro paese natio. E’ giusto. Sant’Arega ha bisogno di tutti…
Crolliamo. E’ tempo di raggiungere il letto… Si è fatto tardi, quasi non ce ne accorgevamo.
Raggiungiamo il camper.
Ho sempre desiderato dormirci. I miei amici si spostano dappertutto con quel tartarugone. Ogni tanto li vediamo spuntare, con le sue fiancate multicolor e i loro sorrisi spaziali da lontano. Come in Ogliastra l’anno scorso. Nonostante la sua vecchiaia e i suoi acciacchi, quel camper è un simbolo imbattibile di gioia e libertà. Per questo motivo mi sento onorata di dormirci. Il letto è fatto, le lenzuola candide e profumate… Qui ci viziano, dico alla mia compagna di viaggio.
Ma non ci muoviamo, restiamo lì, un po’ in difesa del baretto dei nostri amici. Un po’ come fa uno a turno dei gestori di ogni baretto / locanda. Dorme in sacco a pelo o per terra, o in piedi, o non dorme proprio, comunque fa la guardia alla propria attività. Noi non siamo poi queste grandi custodi visto che mi addormento un secondo dopo aver poggiato la testa nel cuscino e mi risveglio col suono della banda musicale…
OMG! La sfilata…
Come diceva un amico ieri, Sant’Arega te la gusti veramente solo se la vedi la mattina attraverso la “ziddica”… Non faccio in tempo a rendermi conto della sfilata che sta passando a fianco al camper, che sono in piedi, mi infilo le scarpe e salto giù per infilarmi fra la folla in festa che accompagna la processione. Vari gruppi folk passano coi loro costumi variopinti, bambini corrono rincorrendosi nella piazza, signori vendono i ceri votivi, le solite bancarelle con ogni tipo di prodotto, un cappuccino rimediato nel primo bar che incrocio, dopo una fila interminabile. Due gocce di pioggia, che, a quanto pare, cadono sempre in onore della santa. Come si dice santa bagnata, santa fortunata…
Mi riambiento immediatamente, passo a salutare l’arrostitore di ieri e mi faccio allungare una bustina di roba, passo dai dolciai consigliati e faccio un carico di pardule, gattò e torrone, passo dagli amici e rimedio un aperitivo. “Ma dai, rimani anche stasera, lo sai che c’è il concerto di Pille? perché non torni?”…
Che faccio? Ma sì, chiedo ferie, d’altronde la cittadinanza onoraria me l’hanno già conferita, non mi resta che un bel bagno di Sant’Arega per dimostrare loro la mia autentica appartenenza a questo paese. E chissà che stavolta la santa non mi faccia davvero il miracolo… A ben pensarci, non so ancora che desiderio esprimere, ma da qui alla fine della festa mi verrà in mente qualcosa…
Credits:
Foto di Brabs
bel servizio complimenti…….hai regalato 10 min di emozioni a chi come me abita lontano……….
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Grazie, son contenta… era uno dei miei intenti :)
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Grazie!!!
Sono un paio di anni che non riesco a venire a Decimo per Sant’Arega e tutti, parenti e amici, mi chiamano durante l’incontro dicendomi “così è come se ci fossi” o mi mandano le foto della festa col cellulare, ma mai nessuno è riuscito a farmici sentire partecipe come te. Hai descritto tutto quello per cui vale la pena viversi S.Greca.
ps. Fantastico il pezzo sui giochi..che bei ricordi!
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;)
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Bellissimo post, subito condiviso su FB per dargli maggiore visibilità!!
Impossibile raccontare tutto, però, da decimese, ti dico che hai scritto proprio un bel pezzo! :)
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Ti ringrazio :)
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