Magdalena Abakanowicz (1930-2017) è una scultrice polacca morta quest’anno all’età di 86 anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, a differenza dei suoi colleghi europei, la maggior parte dei quali si esprimeva attraverso immagini pop e commerciali, sviluppò un linguaggio visivo diverso con una scultura formalista che si basava su superfici spiegazzate, accartocciate e angosciate che rappresentavano delle metafore per gli effetti della violenza sull’uomo e la terra sollevata da bombardamenti e battaglie.
Il suo successo esplose negli anni ’60 quando esordì con “Abakans“, una serie di sculture su scala monumentale che attaccò al muro a mo’ di carcasse appese agli ami delle macellerie. Nonostante i critici fossero reticenti perché si aspettavano qualcosa pop, le sue opere furono acclamate dal pubblico. Solo negli anni ’70, con la serie “Alterations“, passò a uno stile più figurativo. Le sue figure, fatte di tela da imballaggio, erano spesso scavate e piegate, come se avessero la testa abbassata per la vergogna, sempre se questa fosse presente. Molte di esse, infatti, mancavano di parti del corpo, come se i corpi fossero stati smembrati o decapitati.
Quest’ultima serie ha avuto il suo apice in “Embryology” (1978-80), un’installazione di pezzi di tela da imballaggio a forma di uovo esposta alla Biennale di Venezia del 1980, accompagnata da queste parole dell’artista:
“Con una continuità impressionante testimonia il senso evolutivo dell’uomo della realtà e soddisfa la necessità di esprimere ciò che non può essere verbalizzato.”
In effetti, se osservate le sue opere, vi accorgete immediatamente del messaggio che intendono comunicare e non è difficile immaginare le uova come una metafora della rinascita poiché, per tutta la sua vita, Abakanowicz ha cercato di superare la propria infanzia traumatica. Nata da genitori aristocratici vicino a Varsavia nel 1930, Abakanowicz fu testimone di alcuni dei momenti più bui della storia della Polonia. Nel 1943, ad esempio, soldati tedeschi ubriachi spararono a sua madre al braccio (senza ucciderla fortunatamente). La violenza circondò Abakanowicz e continuò a permeare il suo lavoro per l’intera sua carriera.
Negli anni ’80 osò ancora oltre a livello concettuale realizzando la serie “War Games“, dei grandi tronchi d’albero a cui applicò materiali industriali, facendo apparire i pezzi di legno come ferite fasciate.
Insomma, un’artista da conoscere non solo per le sue opere esteticamente elevate ma anche per ciò che hanno documentato, significato ed espresso.
Vi lascio alle immagini. Buona visione!
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L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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Thanks!
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notevole, bravissima!
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Assolutamente!
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artista complicata da presentare, ma ben presentata! Grazie!
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Sì, sono d’accordo… richiederebbe maggiore approfondimento ma lascio sempre porte aperte nel senso che magari ricapiterà di prendere in esame una sua opera o anche lei nel complesso. Le vie dell’arte sono infinite 😉
ps grazie!
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L’ha ribloggato su Arte&Cultura.
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Grazie Pietro, ottima scelta 😉
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Grazie … buona giornata 🙂
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A te 🙂
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