Riflessioni fanta-cosmiche sulla tendenza alla semplificazione
Semplificare, lo dice già il termine, è semplice.
Scusate il gioco di parole cacofonico ma esprime in modo molto chiaro cosa intendo. Noto infatti sempre più spesso che le persone tendono a volere tutto già finito, chiuso, determinato in modo fisso, non interpretabile. Sembra quasi che abbiano perso la voglia, o forse più probabilmente la capacità, di sforzarsi. Nessun impegno di comprensione. Nessun uso dell’intelletto. Nessuna immaginazione. E’ troppo faticoso esercitare il pensiero, molto più comodo adagiarsi e lasciarsi trasportare dalle acque tranquille della semplificazione.
Ciò accade anche nell’arte. Se non si capisce un’opera, la si taccia per inintelligibile e la si scarta. Ciò avviene soprattutto in riferimento all’arte concettuale, troppo complicata da capire e troppo faticosa da approfondire.
Fermo restando che sono d’accordo sul fatto che alcuni artisti concettuali si facciano prendere troppo la mano e partoriscano delle forzature di scarso rilievo qualitativo, credo che un opportuno studio consenta di comprendere maggiormente le opere e, in questi casi, di esprimere un giudizio negativo.
Nel caso invece si sia semplificanti e non si voglia fare lo sforzo né di approfondire le opere, né in generale di capirle, il consiglio è di sospendere il giudizio ed evitare di esprimere valutazioni a sproposito.
Per quanto mi riguarda, ciò che faccio in questo blog e sui social, almeno nelle intenzioni, è proprio tentare di dare delle risposte a chi è interessato a cercarle. Condivido i miei studi con l’intento di comprendere, spiegare e apprezzare anche opere che, a prima vista, potrebbero sembrare prive di senso.
I semplificanti dovrebbero altresì capire che le opere devono essere inquadrate anche in base alla cultura dell’artista che le ha create. A chi ancora non avesse capito l’importanza di un approccio antropologico verso il mondo e l’esistente, vorrei sottolineare che ogni cultura ha delle sfumature, delle tradizioni e dei modi d’essere differenti e che la propria cultura, con le sue sfumature, le sue tradizioni e il suo modo d’essere, non è la più importante. E’ solo una delle tante.
Le opere devono lasciare qualcosa allo spettatore. Se son finite e scontate, già interamente comprensibili, lo spettatore non porterà a casa nulla se non la sensazione di aver visto qualcosa di esteticamente gradevole. Se invece lasciano aperti degli spiragli di riflessione, anche se questi non sono, almeno all’inizio, comprensibili, hanno raggiunto il loro scopo, soprattutto se questo è sociale e di sensibilizzazione. Portano a farsi domande, ad approfondire, a cercare delle interpretazioni.
E’ indispensabile pensare fuori dagli schemi, è sia esercizio critico, sia stimolo dell’immaginazione.
Un vecchio amico mi diceva sempre che 1+1 non fa 2 ma circa 2. Gli interi, nella realtà, non possono essere uguali, avranno sempre delle grandezze, caratteristiche e nature diverse che mettono in dubbio le certezze matematiche.
Pensateci, poi ne riparliamo!
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Allora anche gli addendi possono essere “circa”: circa 1 + circa 1 (e il secondo non è detto che sia uguale al primo) fa circa 2. Forse.
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Ah ah ah esatto!
Ps ti lovvo!!!
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tempo fa mi misi a studiare, nei limiti delle mie modeste competenze in campo fisico-scientifico, il principio di indeterminazione di Heisenberg e lessi una formulazione esemplificativa che mi colpì non poco, ovvero che a+b diverso da b+a, provai a renderla in tavole grafo-colorate e mi si spalancò un universo ideativo! Nel merito delle tue considerazioni direi che la storia dell’arte e delle idee è densa di artisti colti e problematici accanto a più modesti facitori di cose ma è, per certi versi, la condizione umana che è quel che è, un abbraccio
r.m.
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Sì, quello che più mi preoccupa/disturba, non è la faccenda artisti, quanto piuttosto quella dei fruitori che non cercano di andar oltre, non si aprono a diversi significati… proprio come hai fatto tu quando ti si è spalancato quell’universo…
Io ricordo che in adolescenza alcune letture mi hanno aperto, forse troppo, la mente, convincendomi che tutto fosse possibile a livello di immaginazione. In effetti questo è un caposaldo per me, se così non fosse, perderei la voglia di vivere.
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e, in margine alle tue/nostre considerazioni direi che (ognuno di noi) resta ideatore ma anche fruitore, un processo continuo affascinante e denso di stimoli, con umiltà porsi al confronto con opere altrui e trarne insegnamenti; un esempio? Ho da poco terminato la lettura di un testo di Marina Abramovic, Attraversare i muri, Bompiani, in fine libro una sua fotografia a seno nudo con un suo amico che ne cerca nutrimento, tematica che avevo già affrontato pur non conoscendo codesta foto ma che vorrei interiorizzarla per renderla linfa per nuovo foglio colorato, insomma circoli continui di idee..
r.
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Questo si potrebbe estendere a tutti i settori… che si sia diventati passivi?
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Beh visti gli esiti (leggi seguaci del populismo) direi di sì…
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C’è da essere allegri… o no?
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Sì, un casino!!!
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è una riflessione che ho constatato lavorando a contatto con i clienti, e una parte della “colpa” la imputo a internet.
In rete tutto è pronto e disponibile, basta un semplice clic.
Infatti è “comodo” navigare, “pagare” e via discorrendo, fino ad annullare il senso critico
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Grande piaga di questo secolo ahimè :(
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purtroppo si, ma non lasciamoci abbattere :)
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Mai!
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