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Memorie critiche – Cuori infranti [12]

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DODICESIMO CAPITOLO – Cuori infranti

La prima delle tante delusioni amorose che si succederanno nella mia esistenza, accadde all’asilo. Il campo sportivo che delimitava entrambe le scuole, materna ed elementare, fungeva da enorme terreno di gioco dove la fantasia si poteva sbizzarrire nei modi più diversi. Alcuni di questi, come è abbastanza abituale fra i bambini, implicavano giochi di ruolo. Uno dei nostri preferiti consisteva nell’utilizzare le panchine, dove si sedevano i giocatori delle due squadre durante la partita, come banchi del mercato dove si vendeva di tutto. Un giorno (funesto) andai a comprare la carne da uno dei pestiferi gemelli Pintus che faceva il macellaio. I due fratelli quasi identici avevano preso il controllo dell’asilo: non solo erano di discreta presenza, ma erano anche più grandi e più forti rispetto agli altri bambini della loro età. Soprattutto gli piaceva esercitare quella forza.

Non ricordo che sentimento provai, forse quella forza mi attraeva. Oppure la moda del momento esigeva un “fidanzatino” e ne pescai uno nel mucchio. Fatto sta che mi presentai al banco della carne con un grande sorriso stampato, che era il massimo dello charme che potessi sfoderare, chiedendo tre bistecche di manzo, tradotto tre foglie di eucalipto. Lui mi guardò con un ghigno crudele e mi disse: “Guarda che IO NON TI VOGLIO”.
Si diceva così allora, si sfogliavano anche le margherite col mi-vuole non-mi-vuole. Il pavimento sprofondò e io caddi in un turpe dirupo da cui credo di non essermi mai rialzata. Anzi, posso affermare senza ombra di dubbio, che la colpa della mio conclamato fallimento sentimentale, sia proprio del gemellino Pintus.

In seguito scoprii, altra brutta pugnalata alle spalle, che a fare la spia era stata una nuova compagnetta il cui padre gendarme era stato trasferito da poco in quel buco disperso nel niente. Era simpatica e l’avevamo integrata, incoraggiate dalle maestre. In realtà era una perfida serpe che mi intortò per bene per farmi confessare “chi volevo” e poi vide bene di correre a dirglielo. Mi sentii ferita, sia nell’intimità, che all’improvviso era diventata di dominio pubblico, sia nell’orgoglio, per quel rifiuto secco.

Nell’ottica del luogo comune che “tutto insegna”, posso dire di aver capito che non si confidano mai a una donna le proprie preferenze sentimentali. Soprattutto se quella donna è appena entrata in un contesto condiviso e potrebbe celare subdolamente la stessa preferenza. Mi sono chiesta tante volte perché lo fece e credo che questa sia l’unica spiegazione plausibile, a meno che non fosse una sociopatica.
Ad ogni modo, il padre dell’infame traditrice fu trasferito e lei e la sua famiglia se ne andarono poco dopo senza che io provassi il minimo dolore per la perdita subita.

Continua…

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INDICE:

[Raccolgo e rielaboro storie di vita e/o episodi tortuosi/virtuosi. Qualsiasi cosa ecciti la mia vena narrativa.]

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