Un giorno mi chiama un amico e mi dice: “Ma sai che mi hanno proposto una collaborazione con una rivista per documentare il Time in Jazz di Berchidda e non ci posso andare? Mi sei venuta in mente tu… Ci potresti andare con la tua inseparabile amica / collaboratrice / fotofila… Che ne pensi?”. Gelo, silenzio, stupore, tic nervosi e simpatia. Urla, salti, strappi di mazzetti di capelli, di nuovo silenzio e tanta simpatia…
Dopo un millisecondo e trentasette virgola cinque particelle infinitesimali di tempo indefinito, gli dico: “Ci devo pensare…”, d’altronde me la dovrò pure tirare un pochino? E’ sconsigliato, per una donna del mio tipo, acconsentire immediatamente. Anche per sollevare la tensione, ci vuole un po’ di pathos emozionale nella vita, se no non c’è gusto…
“Quando si parte? Ma son domande da fare? Ma per chi mi hai presa?”… Vabbè tralasciamo tutta la parte sentitamente polemica della questione… “Si sa che amo il jazz, si sa che vado al festival da quando ancora esisteva il famigerato campeggio del Belvedere… si sa bene che ero una di quelle in poleposition negli schiamazzi notturni dell’appena citato campeggio… Oppure era una domanda retorica? Mi volevi mettere alla prova?”.
Fatto sta che, dopo giornate di ritiro spirituale e la toccata e fuga alla sagra del vino di Jerzu, munite di una buona dose di coraggio e simpatia (che non ci manca mai), ci siamo arrampicate verso il paesino di Berchidda, patria delle uve gialle paglierine che danno vita al caro Vermentino di Gallura, vino deciso dal sapore leggermente amarognolo che ha accompagnato tanti ridenti pasti della mia esistenza pescifera.
Prima tappa del viaggio San Pantaleo, un paesino caratteristico frazione di Olbia. Dopo aver caricato una vecchia amica trasferitasi in quel di Olbia, arriviamo trafelate a concerto semi finito e ci becchiamo anche la sfuriata di una gentile signora, in ferie ma in evidente stato di frustrazione, che ci ha simpaticamente dato delle napoletane per il nostro parcheggio azzardato… Ma dovevamo pur vedere almeno quei 5 minuti di concerto. Superato il grosso senso di nausea verso la sua intolleranza interregionale, abbiamo goduto dello spettacolo Food Sound System di Daniele Di Michele, in arte Don Pasta, accompagnato da Raffaele Casarano (sax, elettronica), Marco Bardoscia (basso, effetti) e dalla tromba di Paolo Fresu. Nel suo spettacolo la musica si fonde col racconto, la poesia, ma soprattutto la gastronomia. Sono stata immediatamente conquistata dalla sua gastrofilosofia, fatta di buon cibo e selezioni musicali, tanto da abbandonare la mia puerile metafisica scellerata per abbracciare questa nuova godereccia concezione della vita.
La serata è stata poi dedicata alla conoscenza e ambientazione del territorio. E’ mio dovere morale inserirmi adeguatamente nei contesti che mi capita di visitare, seppure di sfuggita e un po’ di sghiscio. Ragion per cui ho fatto una bella chiacchierata con le simpatiche persone del posto, che purtroppo non posso riferire ai lettori di questo blog perché ho fatto un giuramento di sangue che non posso violare.
E così, con l’amaro in bocca, chiudiamo questa prima giornata del Time in Jazz di Berchidda. Ma non finisce qui, tornerò a tediarvi coi miei aneddoti devianti sul festival, non temete…
Stay JAZZED!
To be continued…
Credits: Foto (C)2012 Marilena Riello – Blog | Flickr
LINK UTILI:
Don Pasta – Sito web
Intervista a Don Pasta
Paolo Fresu – Sito web
Time in jazz – Sito web
Tafter – Sito web
Buona giornata a te :)
grazie Barbara. la bellezza di una cruda realtà. buona giornata cara. ciao.:)
Beh, Manufatti, direi..!!!
This is the Instagram location that the artist posted with the mural. I don't know if it can be useful,…
No, sorry!